Il vajira, dal sanscrito 'folgore' o 'diamante' è un simbolo ricorrente nell'iconografia induista e buddista ed è anche un oggetto utilizzato in molte pratiche religiose, ma che ho scelto in merito al significato filosofico.
Senza entrare nelle mille sfumature derivanti da circa 5000 anni di presenza in filosofie religiose che nel frattempo si modificavano non poco, questo simbolo è simile al nostro simbolo dell'infinito arricchito dalla visione orientale.
Esiste un centro, che è il mio 'bindu', il pallino rosso che gli indiani si disegnano in mezzo alla fronte, da cui originano due fiori di loto e da qui nascono quattro anelli che tornano al punto centrale.
E' un simbolo dinamico, che rappresenta il continuo movimento fra due campi distinti, uno materiale che è la nostra vita terrena (maya) e l'altro spirituale che è la vita fra un passaggio terreno e l'altro. Noi quindi siamo continuamente in movimento in questo 'otto volante' fra il materiale e lo spirituale, in questo campo di 'vuoto' che buddisti e induisti chiamano 'vacuità' e che mi piace pensare essere la pagina bianca dove dipingere tutte le nostre possibilità.
Nota: Per chi volesse approfondire il testo fondamentale è 'Iniziazione - Kalacakra' scritto da Naropa nell'anno 1000 circa e pubblicato da Adelphi a cura di R. Gnoli e G. Orofino, testo fondamentale del buddismo tibetano, che tanti collegamenti ha con lo Shivaismo tantrico e la filosofia del Samkhia alla base dello Yoga di Patanjali. Ovviamente il libro è bellissimo.